Non sempre la compagnia è una buona idea. Anzi, diciamocelo, a volte è proprio una pessima idea, tipo scegliere di guardare un film su VHS quando hai già un abbonamento a Netflix. Ma si sa, il terrore di passare un’estate chiusi in casa può farti accettare l’inaccettabile. E così ti ritrovi ogni sera, su un pouf sgonfio in una cantina maleodorante, davanti a una TV degli anni '90 con due gatti che, per sport, usano gli angoli della stanza come toilette personale. Ah, il glamour.
Il quartier generale era la casa di due cugini: un luogo mitico, dove si radunavano sette anime perse per dar vita al passatempo più “emozionante” della stagione estiva. Il gioco preferito? Gareggiare a chi riusciva a ruttare più forte dopo aver ingollato birra scadente del discount. Una disciplina olimpica, praticamente. Se state pensando “Che squallore!”, beh, sappiate che l’alternativa era restare soli in casa a fissare il soffitto. E, onestamente, almeno qui c’era qualche parvenza di vita sociale... se così la vogliamo chiamare.
Certo, ogni tanto si rideva. Quelle risate amare, però, che ti scappano tra un pensiero e l’altro del tipo: “Sto davvero buttando via l’ennesima estate?” Ma mica lo potevi dire ad alta voce: sarebbe stato come confessare al resto della compagnia che forse, dico forse, ci fosse un problema nel passare tre ore a litigare su chi aveva diritto al turno successivo sulla console retro del padrone di casa.
La routine era un capolavoro di monotonia: sveglia alle 6, turno in fonderia dalle 7 alle 15, pranzo veloce, una doccia per scrollarsi di dosso la fatica (e la polvere), e poi via, giù nello scantinato. Alle 18 si cominciava: birre economiche, TV che gracchiava e un padrone di casa che monopolizzava i controller con la stessa determinazione di un bambino viziato. L’obiettivo? Trascinarsi fino alle 23 per avere la scusa di tornare a casa con un vago senso di sollievo. Perché, ehi, almeno non eri rimasto tutta la sera sul letto a rimuginare sulla tua solitudine. Piccole vittorie.
E adesso, ripensandoci, quanta nostalgia. No, non per quelle serate miserabili, ma per tutte le estati che avrei potuto vivere diversamente. Anni buttati, letteralmente scaricati nello scantinato, tra gatti che si credevano re del quartiere e birre che nemmeno il peggior pub di periferia oserebbe servire. Ma sapete cosa? Almeno so che, quando la vita mi sembrerà squallida, potrò sempre dire: “Ho visto di peggio.”