La giostra della paura: un viaggio tra ansia, social e paranoie moderne

Avete presente quelle paure irrazionali che si infilano nella vostra testa senza invito, come un ospite molesto a una festa? Ecco, io non ho solo paura. Io ho paura di avere paura. Tipo Inception, ma con meno azione e più angoscia, dove il mio “totem” è il caffè freddo che dimentico sul tavolo mentre rimugino.

Questa paura non arriva con fanfare o effetti speciali. No, è subdola, come quelle notifiche push che spuntano nel momento meno opportuno. Ti sussurra: “E se qualcosa di improvviso sconvolgesse la tua routine?” Routine che, voglio sottolineare, non è esattamente entusiasmante: casa, lavoro, tentativo fallito di socializzare, repeat.

E quindi che faccio? Mi chiudo in casa, perché il mondo là fuori sembra un posto troppo pericoloso, tipo il centro storico trasformato in una mappa di Call of Duty. E dentro casa? Beh, casa diventa una specie di Lost, dove però l’isola sono io e la compagnia è il mio feed di Instagram. Ah, l’algoritmo… quel genio malefico che sembra leggere nella mia mente.

Ti senti insicuro? Ecco un bel video su una baby gang!”“Hai paura del disagio sociale? Goditi questa serie di storie su rapine e bullismo!”Ogni scroll è un colpo di scena degno di Black Mirror, e l’ansia si nutre di ogni frammento di contenuto tossico che riesco a ingerire. È come giocare a un tamagochi degli anni 2000, ma invece di nutrirlo con biscotti digitali lo riempi di paranoie.

Nel frattempo, la mia vocina interiore — che immagino come un mix tra Gollum e Regina George di Mean Girls — mi sussurra: “Ma sei pazzo a voler uscire? Hai visto quei reels? Resta qui, al sicuro!” Ed eccola lì, la perfetta trappola della paura: ti chiudi in casa per evitare il mondo, e il mondo ti arriva dritto in faccia tramite lo schermo del tuo telefono. Bello, no?

E poi c’è l’ansia, che con la paura ha una relazione simile a quella di Ross e Rachel di Friends: ogni tanto sembrano mollarsi, ma alla fine tornano sempre insieme. Si alimentano a vicenda, facendoti salire su una giostra che neanche alla fiera del disagio avrebbero progettato così bene.

E sapete qual è la parte più assurda? Alla fine, quando resto lì, da solo, intrappolato nel mio bunker emotivo, arriva una vocina che mi dice: “Beh, almeno non devi affrontare la gente là fuori. Hai visto che incubo?” La mia mente, regista di questa sitcom tragicomica, trova persino conforto nella solitudine, come se fosse un episodio di Scrubs diretto da Tim Burton.

Il risultato? Un ciclo infinito di paura, ansia e isolamento, condito con un pizzico di scrolling compulsivo e una spruzzata di autocritica. E sapete una cosa? Forse è ora di spegnere il telefono, uscire di casa e affrontare quel mondo là fuori. Perché, in fondo, anche Pikachu si è stancato di lottare sempre da solo...

Magari dopo, o domani, o nel weekend...resto sul letto.