Quando la vita ti sorprende e tu pensi sia un errore di sistema

C’è un momento nella vita in cui ti guardi intorno e pensi: “Aspetta un attimo… ma io come ci sono arrivato qui?” Non in senso geografico, sia chiaro. Google Maps ha risolto quel problema da anni (più o meno, se non sbagli strada comunque). No, il punto è: come ho fatto ad avere un lavoro, degli amici e magari perfino un affetto stabile senza che nessuno si accorgesse che sono, essenzialmente, un impostore? E no, non parlo di Among Us (anche se il concetto è più o meno quello), parlo di quella sensazione cronica di essere il protagonista di un episodio di The Truman Show, ma con meno carisma e più ansia sociale.

Per anni sono cresciuto da solo, senza prospettive né certezze, come se qualcuno avesse dimenticato di inserire il tutorial della mia vita. Mentre gli altri sbloccavano achievement come "amicizie durature" e "carriera di successo", io mi aggiravo nel livello iniziale con lo stesso spaesamento di un personaggio di Skyrim che ha appena scoperto di poter raccogliere ogni singolo oggetto inutile. Tipo il formaggio, perché no? Eppure, nonostante un passato da NPC di secondo piano, eccomi qui: con un lavoro, una rete sociale e addirittura persone che mi vogliono bene. Deve esserci stato un bug nel sistema. O magari qualcuno ha premuto CTRL+Z sulla mia sfiga.

Quando arrivi a un certo punto della tua vita e ti rendi conto di avere cose che, teoricamente, dovrebbero renderti felice, la tua mente – ovviamente – decide di sabotarti. Sicuro di meritartelo? Non è che è tutto un gigantesco errore? E se alla fine scoprono che sei solo un tizio qualsiasi che sta bluffando? Questo è il momento in cui il cervello si trasforma in un mix tra Gollum e un vecchio professore di matematica delle superiori: giudicante, poco comprensivo e con un talento naturale per farti sentire in difetto. Se avesse un microfono, direbbe: “Non hai studiato, vero?”

Un sogno o un esperimento sociale?

Ed eccoci al punto: e se tutto questo fosse solo un test? Magari sono dentro una simulazione alla Black Mirror, e a un certo punto qualcuno deciderà di spegnere tutto perché il mio percorso è diventato troppo noioso. Oppure, più semplicemente, ho davvero lavorato sodo per arrivare qui, ma accettarlo significherebbe ammettere che forse non sono così inutile come pensavo. Ipotesi spaventosa, lo so. Più spaventosa del finale di Lost, e lì si parla di un alto livello di trauma.

E quindi?

E quindi niente, continuo a vivere questo strano sogno, sperando che non finisca con i titoli di coda di un episodio deprimente di BoJack Horseman. Nel frattempo, fingo di sapere cosa sto facendo, sorrido a chi mi sta intorno e cerco di convincermi che sì, forse, in fondo, me lo merito davvero. O almeno, faccio finta di crederci. Funziona per tutti, no? Oppure scopro che è tutto un reality segreto, in quel caso spero almeno di vincere un premio in denaro.